Scrittore e pittore italiano. Nato a Torino nel 1902.Nel 1922 Carlo Levi si lega in un rapporto di amicizia con Piero Gobetti, che lo invita a collaborare alla sua rivista “La Rivoluzione Liberale” e nel 1923 scrive il primo articolo sulla sua pittura per “L’Ordine Nuovo”. Gobetti lo introduce nella scuola di Casorati, intorno cui gravita la giovane avanguardia pittorica torinese. In questi anni Levi appare inserito nell’ambiente culturale di Torino: frequenta Cesare Pavese, Giacomo Noventa, Antonio Gramsci, Luigi Einaudi e più tardi Edoardo Persico, Lionello Venturi, Luigi Spazzapan. Nel 1923 si reca a Parigi e dal 1924, anno in cui si laurea in medicina, al 1927 vi mantiene uno studio. Intorno al 1927 la sua pittura subisce il primo di diversi cambiamenti stilistici, influenzata all’inizio dai fauves e dalla scuola di Parigi, poi, tra il 1929 e il 1930, da Modigliani. Alla fine del 1928 forma con Gigi Chessa, Nicola Galante, Francesco Menzio, Enrico Paulucci e Jessie Boswell il gruppo dei “Sei di Torino”, che con l’appoggio di Lionello Venturi ed Edoardo Persico, espone in una serie di mostre che si susseguono fino al 1931 ( Genova, Milano, Roma, Londra, Parigi). Nel 1930 porta a maturazione un drammatico stile espressionista, che caratterizzerà i ritratti e i paesaggi di questa decade. Nello stesso anno compie un viaggio attraverso la Gran Bretagna con Nello Rosselli. Nel 1931 si unisce al movimento antifascista di “Giustizia e libertà”, fondato tre anni prima da Carlo Rosselli. Lo stesso anno espone a Parigi presso la Galerie-Librarie Jeune Europe di Antonio Aniante. Nel marzo 1934 è arrestato per sospetta attività antifascista. Alcuni artisti residenti a Parigi (Signac, Derain, Léger, Chagall ecc. ) firmano un appello per la sua liberazione. Tra il 1935 e il 1936 è inviato al confino politico in Basilicata, esperienza che gli ispirerà il romanzo “Cristo si è fermato a Eboli” (1945), la sua opera letteraria più famosa.Molti quadri dipinti al confino vengono esposti nelle personali alla Galleria del Milione (Milano 1936) e Galleria della Cometa (Roma 1937). Nel 1937 è a New York e dal 1939 al 1941 soggiorna a Parigi.Nel 1943 rientra in Italia e viene nuovamente arrestato. A settembre, prende parte attiva alla resistenza come membro del Comitato di Liberazione della Toscana. E’ direttore del quotidiano toscano “La Nazione del Popolo” e, nel 1945, a Roma de “L’Italia libera”.Nel 1947 si stabilisce a Roma e si schiera a favore della pittura realista, intesa però in senso strettamente esistenziale. Molti soggetti pittorici riflettono la sua partecipazione ai problemi socioeconomici del Mezzogiorno.A un caustico spirito polemico, alimentato dalla delusione per la crisi politica del dopoguerra, si ispira invece l’altro suo celebre libro, L’orologio (1950), in cui l’ironia si fa graffiante nei confronti della nostra classe politica. I libri successivi sono di viaggio e nascono da esperienze compiute nei luoghi visitati: Le parole sono pietre (1955) sulla Sicilia; Tutto il miele è finito (1964) sulla Sardegna.Negli anni Sessanta imprime una svolta stilistica alla sua pittura e amplia i valori espressivi in senso più poetico e universale, suscitando un rinnovato interesse da parte del pubblico e della critica, anche internazionale, che gli decreta il successo. Nel 1963 è eletto senatore, carica che gli viene riconfermata nel 1968. Muore a Roma nel 1975.
Cristo si è fermato ad Eboli.
Carlo Levi mandato al confino nella città di Grassano,dove aveva stretto molte amicizie,è costretto a trasferirsi nel piccolo borgo di Aliano.In questo paesino Levi si trovò a disagio per l’isolamento e per la monotonia e l’ozio a cui era costretto.Prese alloggio presso la cognata vedova del segretario comunale,dalla quale fu informato sulle abitudini e sulle persone del paese.Col passare del tempo conobbe tutte le autorità di Aliano ed i due medici,Gibilisco e Milillo.
Levi si sentì spesso in imbarazzo,ogni qualvolta gli era richiesto un parere medico; il suo imbarazzo nasceva soprattutto dal fatto che egli non aveva mai esercitato la professione di medico prima d’allora.Nella ricerca della solitudine, l’unico luogo che Carlo Levi trovò fu il cimitero, posizionato poco fuori dal paese e circondato dagli ulivi,qui Levi si recava soprattutto per dipingere in compagnia del suo cane Barone.
Dopo aver soggiornato per un breve periodo a casa della vedova, egli si trasferì in quella che era stata la casa di don Rocco Macioppi, il precedente parroco di Gagliano; in questo luogo Levi si trovò a proprio agio, soprattutto grazie al fatto che la casa si trovava nella parte esterna del paese, lontano dagli sguardi inquisitori del podestà. Donna Caterina, scelse come domestica per Levi, Giulia, una delle tante “streghe” di Gagliano, ovvero una di quelle donne che avevano avuto più figli da uomini diversi e che praticavano delle specie di “riti magici”. Nel suo libro Levi descrive la vita ordinaria dei contadini,le ricorrenze,i fatti che nel paese suscitano scandalo(come la predica di Don Trajella ubriaco).Nel 1935 Levi dovette tornare a Torino per la morte di un suo parente. Egli vede, in questa occasione, la città con occhi nuovi: guarda con distacco amici e parenti, rendendosi conto che la sua esperienza meridionale lo aveva cambiato profondamente sia nei modi di fare sia interiormente. Al suo ritorno in Lucania Carlo Levi trovò alcune novità, tra le quali la scomparsa di Giulia, la sua domestica, a causa della gelosia dell’attuale marito e l’arrivo del sostituto di don Trajella, allontanato a causa degli avvenimenti natalizi.Qualche tempo dopo, in mezzo all’euforia fascista per la conquista dell’Etiopia ed al dispiacere dei contadini, Levi riceve la liberazione dal confino. Con la descrizione del suo viaggio in treno, termina questo magnifico racconto che testimonia la “morte civile” degli esiliati dal regime fascista.
Intervista a Donnazito Antonio.
Nell’agosto del 2006 mi sono recato ad Aliano,come faccio ogni anno,per visitare la tomba di Carlo Levi.In questo assolato paesino sui primi contrafforti dell’Appennnino Lucano, la vita sembra scorrere lentamente, tanto lentamente che nei vicoli ti aspetti di incontrare da un momento all’altro il poeta piemontese. Il tempo sembra essersi fermato ai giorni del confino di Carlo. Nella piazza, davanti la chiesa, alcuni invitati ad un matrimonio, aspettano, col vestito della festa che la funzione temini. Qualche contadino ritorna dalla campagna,con la camicia sudata e la fascina di legna sulle spalle. Nel vicolo,una vecchietta, pulisce la verdura, ti saluta mentre passi come se ti conoscesse da sempre. Sul colle che domina il paese il cimitero solitario, circondato dagli ulivi, solo il silenzio, qui, neanche il cinguettio di un uccellino. Appena entri sulla sinistra c’è la tomba del poeta, differente da tutte le altre tombe ,ma semplicissima ed umile proprio come le altre. Levi così diverso ma così simile nello spirito ai contadini di Aliano, ha trovato in questo angolo di Lucania la pace a cui tanto anelava. In un bar del paese un cameriere mi indica una persona anziana,<Zio Antonio ,mi dice, ha conosciuto Carlo Levi,solo lui ti può raccontare qualcosa.>Zio Antonio,adesso ha 86 anni,è basso,esile,ti meraviglia,che con un fisico così possa aver vissuto una vita di fatica e di lavoro nei campi.Quando mi racconta del poeta gli occhi si fanno lucidi.< Si > dice < Ho conosciuto Levi,ero un ragazzo,e mi davo da fare con i lavori di campagna,all’epoca si lavorava da piccoli,non c’era tempo per giocare.Avevo 18 anni,a volte Levi mi chiamava per farsi accompagnare a cavallo da qualche contadino che stava male per curarlo.Faceva il mestiere di medico quasi di nascosto per non urtare gli interessi dei medici del paese,aveva pochi ferri del mestiere,ed allora le medicine scarseggiavano ma lui si dava da fare lo stesso.Lo accompagnavo nelle sue passeggiate fino al cimitero,oppure dai Carabinieri quando andava a firmare.Levi era una persona solitaria,stava quasi sempre da solo,andava spesso al cimitero per fare i quadri,lì non lo disturbava nessuno.Nel paese si diceva che aveva come amante “la Santarcangelese”. Lo vedevo spesso amareggiato e triste, non si preoccupava di se stesso ma di noi contadini e delle condizioni del paese che era arretrato civilmente e culturalmente,quando ci chiedeva del perchè di quell’abbandono noi rispondevamo, <Eh caro Dottore, Cristo si è fermato ad Eboli.>. Ho rivisto Carlo Levi nei primi anni del 1970 quando ci venne a fare visita, mi salutò e mi volle a tavola con lui.>Offro una birra a Zio Antonio e lui felice mi stringe la mano per salutarmi, mi chiede dove pubblicherò quello che mi ha raccontato, io dico, <sul web >, lui stringe gli occhi, si dico, < il web è una specie di televisione che sta sui computer>. Mi saluta con la mano mentre vado via ed io osservo per l’ultima volta Zio Antonio,mi dispiace lasciarlo, da questi uomini antichi traspare un’umanità ormai persa,quella stessa umanità che hanno raccontato, Rocco Scotellaro e Leonardo Sinisgalli, nelle loro poesie, Carlo Levi nel suo ” Cristo si è fermato ad Eboli”, quell’umanità antica che ancora traspare nella gente di Lucania.
Alceo Melchiorri