Parma – In questo mese di febbraio in Lucania-Basilicata si sono verificati due eventi importanti e del tutto contraddittori, legati entrambi al mondo della cultura. Da un lato si è venuti a conoscenza del lusinghiero risultato raggiunto da Aliano per la sua candidatura a capitale italiana del libro per l’anno 2022; dall’altro, invece, si è assistito non senza raccapriccio alla triste e mortificante vicenda della Biblioteca Provinciale “Tommaso Stigliani” di Matera, che da tempo versa in una condizione di estrema difficoltà per mancanza di risorse umane e finanziarie, per cui se ne è paventata addirittura l’estinzione.
I due eventi per una curiosa coincidenza sono stati concomitanti. “Il paese di Carlo Levi” con legittimo orgoglio annunciava di essere stato inserito nel gruppo delle otto finaliste fra le città partecipanti al concorso indetto dal Ministero dei Beni Culturali. Quasi in contemporanea la “Città dei Sassi”, solo tre anni fa Capitale Europea della Cultura, ragion per cui è stata inondata da un enorme fiume di finanziamenti, subiva l’onta di una possibile definitiva chiusura della prestigiosa Biblioteca Provinciale. Pare che il rischio sia stato scongiurato, si spera non provvisoriamente, per un intervento in extremis della Regione Basilicata.
La incresciosa vicenda, comunque, induce a una profonda riflessione sul tema della gestione e della valorizzazione dei beni culturali lucani. Non va, infatti, dimenticato che la situazione bibliotecaria di Matera è solo una spia dello stato avvilente, talvolta indecoroso, in cui versano le biblioteche, che furono istituite nei decenni passati nei comuni grandi e piccoli.
Altro che biblioteche “granai dello spirito”, come amava definirle la scrittrice Marguerite Yourcenar. Trascurate o del tutto abbandonate a se stesse, nella nostra regione sono diventate un po’ ovunque luoghi tetri e desolatamente deserti. Se si pensa, inoltre, che sempre riguardo alla città dei Sassi restano ancora irrisolti due gravi problemi legati alle donazioni dei compianti Leonardo Sacco e Mimì Notarangelo, si capisce bene quanto siano giustificate le recriminazioni riguardo alla mancata attenzione da parte delle Istituzioni nei confronti dei “giacimenti” culturali lucani.
È avvilente, insomma, constatare che sono sempre più frequenti i casi in cui le biblioteche sono trascurate e lasciate morire dalle Amministrazioni locali. Ciò non di rado è imputabile a scelte politiche molto discutibili, perché molti Amministratori sembrano essere posseduti dal demone del frivolo e dell’effimero, forse ben più redditizi sul piano della propaganda politica.
Per questo essi si sono preoccupati da qualche anno a questa parte di dar vita, soprattutto nelle manifestazioni ferragostane, a una pletora di iniziative culturali, o presunte tali, molte delle quali alla fine sono risultate appariscenti e magari accattivanti al momento, ma di evanescente significato e di discutibile valore. A farne le spese, di conseguenza, sono stati quasi sempre il libro, la lettura e la scrittura. Che restano pur sempre, checché se ne dica o se ne pensi, componenti essenziali e irrinunciabili della cultura, anche se non sembrano godere né di una particolare simpatia da parte di molti politici, né di un grande favore popolare.