Vulture e Parco del Vulture sin dall’ anno della sua istituzione, il 2017, sottolineando che fino ad oggi, rispetto alle promesse presenti nel piano di sviluppo indicato allora, la realtà direbbe che non è stata definita una minima traccia su quello che potrebbe essere il futuro di quel territorio.
Per questo il quesito che ci si pone dopo quattro anni, rimane: “fare qualcosa o non fare nulla? lasciando che tutta l’area vada in malora e che i laghi restino quel pessimo contenitore per “banchettari” della domenica e turisti da pic nic fuori porta irrispettosi della natura del luogo, oppure, fare qualcosa per cambiare, per migliorare, per evitare il degrado della zona ?
“A tal riguardo il Prof. Antonio Romano ha riproposto i risultati di uno studio analitico condotto su un campione di persone scelte a random ed a cui è stato somministrato un questionario legato appunto alla domanda: “Se fare e cosa per quell’ area o non fare nulla.
“I risultati hanno mostrato che anche coloro che sarebbero dell’idea di fare qualcosa per il Parco, non hanno indicato nuove idee a riguardo, dimostrandosi, come il Romano afferma tecnicamente, un “Campione a Bassa Energia”, che antepone ostacoli a breve ed a lungo termine, tutti ricollegabili alla burocrazia e alle leggi ostacolative del passato e del presente.
Il prof. Romano ha dedotto da ciò, una certa esistenza della voglia di cambiamento ma anche di un certo disinteresse verso il destino del Parco e verso un deciso sviluppo del Vulture, da parte della popolazione autoctona.
Questo comportamento sociale è addebitabile probabilmente al fatto che negli anni il rapporto con un assente piano di sviluppo e con una delega in bianco ai politici di turno, abbia leso i sogni di crescita socioeconomica e delegato all’emigrazione dei propri figli tale desiderio. Invece, il Vulture presenta e ha le carte in regola per trasformare le sue potenzialità attrattive in successo turistico, in successo socioeconomico, in crescita civile e quant’altro.
Un esempio, è fatto da una singolare unicità: su una piccola superficie esiste l’acqua minerale, l’olio d’oliva DOP ed il vino Aglianico DOC. Questa condizione è unica in Europa intera e potrebbe essere la base di un BRAND VULTURE e da anni doveva essere sfruttata commercialmente.
Relativamente a questo aspetto il prof. Romano ha prodotto un progetto per lo sviluppo dell’intero comprensorio del Vulture con l’attrattore principale in testa alle attrattività e ha indicato sempre dai dati pubblicati nello studio in oggetto che sarebbe possibile arrivare ad impattare un bacino d’utenza, che, pur mantenendosi bassi nella stima, potrebbe raggiungere numeri molto interessanti, diciamo nell’ ordine di centinaia di miglia di visitatori all’anno, con fatturati da capogiro, aggirantisi intorno ai 20-30 milioni di euro ed almeno il doppio per l’ indotto commerciale che si creerebbe nell’intero territorio del Vulture.
Quindi si tratterebbe di un gran bel business molto appetitoso per privato e pubblico, perchè come sottolinea il Prof. Romano “l’importanza di una partnership tra pubblico e privato rappresenta un moltiplicatore per creare un mercato intorno al Parco del Vulture che poi si autosostenga, come avviene in altre realtà, soprattutto in Italia del Nord ed in Europa Centrale, dunque un progetto economico vero e proprio e non il solito centro di costi pubblici che non crea valori e non sviluppa un territorio”.
Per sostenere questo punto il prof. Romano ha indicato dei parchi europei, dove le aree dei parchi naturali sono ragione di business importanti nel rispetto del principio di eco-compatibilità, perché offrono possibilità di impegno del tempo libero e dunque del turismo.
Sono stati indicati una serie fantastiche di opportunità contenenti nel piano. Tutte attrazioni riproducibili ed ecocompatibili nell’area del Parco del Vulture e nelle lateralità già identificate che rientrano nel piano di sviluppo.
L’ arch. Petito sull’ argomento ha peraltro aggiunto che dalla sua esperienza professionale e di vita in Lombardia. Ma alla base di tutto il programma di rilancio dell’area del Parco e del Vulture, ci sono, secondo le considerazioni documentate dal prof. Romano, la necessità inderogabile di creare il brand VULTURE in sintonia con il piano/progetto socioeconomico di sviluppo.
Il BRAND può dare immediatamente l’idea delle caratteristiche dell’area e di quello che i visitatori, gli imprenditori e chiunque si affacci su questa zona troverebbe in termini di qualità e garanzia di esclusività. Gli operatori turistici, Donata Garruto e Maurizio Fonzeca, in attività nel territorio del Vulture-Melfese da diverso tempo, hanno aggiunto che “alla politica, andrebbe raccomandato il ruolo di sostegno al Brand, come si è fatto a Matera, con l’esperienza di capitale europea della cultura, quindi con un’attività progettuale che miri intanto a valorizzare l’esistente e poi ad incentivare la nascita di nuove iniziative imprenditoriali.
Tutto quanto esposto nel Progetto di Sviluppo, diventerebbe un volano che creerebbe un’offerta variegata e di qualità, come afferma il Dr. Francesco Guadagno, capace di produrre lo sviluppo di una domanda edonistica e del tempo libero.
Il Vulture può diventare un marchio di qualità valido per una domanda di qualità, senza dimenticare il turismo studentesco, quello degli adulti e degli anziani, degli amanti della natura a 360°, quello di coloro che prediligono l’essenzialità come la natura, l’edonismo, la gastronomia e l’etno-gastronomia.
Il Vulture, come afferma il prof. Antonio ROMANO è “una miniera d’oro dalla quale si possono estrarre grosse pepite d’oro, ma occorre abbattere dei muri burocratici e mentali, dopodiché darsi un metodo, un piano, una programmazione, dei tempi certi e una gestione competente per ottenere risultati”. Il piano presentato va verso questa direzione.