ALIANO E CARLO LEVI

Aliano casa che ospitò Carlo Levi
Aliano casa che ospitò Carlo Levi

Aliano è un comune che si affaccia sulla Val d’Agri, in Basilicata.
È ancora un posto sperduto, da esilio forzato, quasi inaccessibile, tra le montagne dell’Appennino lucano. Un paesetto di mille abitanti in gran parte anziani, contadini dai volti scavati e dallo sguardo profondo. Aliano, provincia di Matera, è aggrappato su una cresta di roccia dove spuntano, per grazia, macchie d’erba selvaggia. Tutt’intorno, i Calanchi, strane colline graffiate dall’acqua e corrose dal vento, e coni aguzzi di pietra bianca. Cristo si è fermato ad Eboli e ha lasciato che, più oltre, da un deserto di “aride argille” che toccano il cielo l’uomo, in solitudine, si avvicinasse di più al Mistero.

Aliano è il borgo dove tra il 1935 e il 1936 il medico, scrittore e pittore Carlo Levi venne costretto al confino da Mussolini per la sua attività antifascista, visse qui lo straniamento dal mondo partecipando però all’epopea contadina impastata di sudore e miseria, una gloria che solo la poesia, e la fede nel Redentore, possono celebrare. Questi luoghi, che sembrano abbandonati da Dio, gli ispirarono il suo romanzo più famoso, tradotto persino in cinese e islandese.

Il libro altro non è se non «il più appassionante e crudele memoriale dei nostri paesi» commentò Rocco Scotellaro, altro cantore inquieto della povertà antica e della ruvida bellezza di questo spicchio del Meridione d’Italia. La casa dove Levi abitò è ancora lì, col suo balcone aperto verso l’Infinito. Così lo scrittore racconta lo spettacolo che vi si può ammirare: «Spalancai una porta-finestra (…) e rimasi quasi accecato dall’improvviso biancore abbagliante. Sotto di me c’era il burrone; davanti (…), l’infinita distesa delle argille aride, senza un segno di vita umana, ondulanti nel sole a perdita d’occhio, fin dove, lontanissime, parevano sciogliersi nel cielo bianco (…) mi pareva di essere sul tetto del mondo, o sulla tolda di una nave, ancorata su un mare pietrificato…».

Stendi grato la mano verso quell’ora fortunata che un dio ti ha concesso
e non rimandare di anno in anno le gioie che puoi oggi assaporare.
Così, ovunque tu sia stato, potrai dire di essere vissuto contento.

(Orazio, Venosa, 65 a.C. – Roma, 8 a.C.)