2. Programmazione 2014-2020
Passando, quindi, alla seconda e centrale parte di questa esposizione, sul tema generale relativo ad un efficace utilizzo dei fondi strutturali europei, già in questi primi mesi, abbiamo approfondito lo stato di utilizzo da parte dell’Italia dei fondi stessi e cominciato a delineare le azioni che potrebbero essere adottate per migliorare il loro impiego.
Voglio rassicurare infatti che, nonostante una serie di ritardi accumulati nell’ambito della programmazione 2014/2020, il governo adotterà tutte le misure necessarie per fare in modo di raggiungere i target prefissati e di poter assicurare un corretto impiego delle risorse a disposizione.

Il tempo è poco ma l’impegno del Governo sarà massimo.
In particolare, ad esempio, per quanto riguarda la tempistica di attuazione degli interventi infrastrutturali, non si può mancare di sottolineare, in questa sede, come alcuni ritardi dipendano spesso dal quadro normativo particolarmente complesso, nonché dalle responsabilità amministrative in capo alle diverse stazioni appaltanti. Per questo, si ritiene che, in futuro, l’Agenzia per la Coesione Territoriale debba svolgere un ruolo di supporto delle singole Autorità di Gestione e di accompagnamento delle Amministrazioni che lo richiedono. A questo proposito, è intenzione del nuovo governo di fare in modo che l’Agenzia per la Coesione territoriale svolga un ruolo di vero “braccio operativo” a favore delle diverse amministrazioni interessate affinché, anche attraverso specifiche azioni di supporto amministrativo, si giunga ad un più efficace ed efficiente utilizzo delle risorse a disposizione.

In quest’ottica, per esempio, intendiamo implementare, con le diverse Regioni che lo chiederanno, un’attività di “monitoraggio rafforzato”, tesa a verificare lo stato effettivo della programmazione attuativa dei programmi operativi regionali del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). Tale attività può contribuire ad un consistente avanzamento della fase di selezione dei progetti su quasi tutti i Programmi Operativi Regionali e Nazionali, producendo quindi un avanzamento del valore degli stessi, previsti nel nostro Paese.
In particolare, per un’esposizione analitica della situazione vigente, di seguito i dati sulla gestione dei fondi ad oggi.

Stato di attuazione dei Programmi dei Fondi strutturali 2014-2020
La programmazione europea 2014-2020 cofinanziata dai Fondi strutturali, nell’ambito dell’obiettivo “Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione”, ha destinato all’Italia un valore complessivo di risorse, incluso il cofinanziamento nazionale, di 54,2 miliardi di euro, importo comprensivo della quota addizionale di 2,4 miliardi di euro attribuito all’Italia, come previsto dai regolamenti, per effetto della crisi economica e finanziaria.
Di questi, il valore dei 12 Programmi Nazionali, di competenza delle Amministrazioni centrali, è di 12,5 miliardi di euro di risorse provenienti dal bilancio dell’Unione Europea e 5,7 miliardi di cofinanziamento nazionale. Di questi, per il Sud, rispettivamente, 10,7 miliardi e 4,9 miliardi di euro.

Il valore dei 39 Programmi Regionali è di 21,2 miliardi di euro di risorse provenienti dal bilancio dell’Unione Europea e 14,8 miliardi di cofinanziamento nazionale.
Le Regioni del Sud meno sviluppate (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia) hanno a disposizione 13,6 miliardi di euro di risorse provenienti dal bilancio dell’Unione Europea e 7,3 miliardi di euro di cofinanziamento nazionale. Quelle in transizione (Sardegna, Abruzzo e Molise) rispettivamente poco meno di 1 miliardo di euro di quota europea e l’equivalente come cofinanziamento nazionale.

Questo è il volume complessivo delle risorse destinate ai Programmi comunitari (o europei).

L’insieme delle risorse destinate alla coesione territoriale deve però tenere conto anche di altri stock di risorse.

In primo luogo, l’ammontare delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione:
per il periodo 2014-2020, esse sono pari a 59,47 miliardi di euro, del quale – per legge – l’80% va al Sud, e che per l’85% è stato assegnato con decisione del CIPE nella precedente legislatura e per la restante parte è stato oggetto di disposizioni legislative;
vi sono poi quelle in attuazione dai cicli di programmazione del Fondo Sviluppo e Coesione (ex Risorse Aree Sottoutilizzate, ex Fondo Aree Sottoutilizzate) per gli anni 2000-2006 pari a 16,6 miliardi di euro (3,6 per il Centro Nord e 13,0 per il Sud) e 2007-2013 pari a 13,0 miliardi di euro (2,3 per Centro Nord e 10,7 per il Sud).

In secondo luogo, vanno considerate le risorse destinate ai Programmi complementari, che derivano dalla differenza tra il cofinanziamento nazionale teorico e quello effettivo adottato per i programmi europei 2014-2020. Esse ammontavano inizialmente a 7,4 miliardi (per i POC delle Amministrazioni centrali e per le tre Regioni: Sicilia, Calabria e Campania), attestandosi attualmente a 7,9 miliardi di euro.

Infine, altre risorse in attuazione sono quelle del Piano Azione e Coesione, che deriva dalla riduzione del cofinanziamento nazionale fatta nel periodo 2007-2013, pari a circa 8,9 miliardi di euro, quasi totalmente destinate al Sud.

La più stringente delle priorità che sono chiamata ad affrontare è il fatto che nel 2018 i Programmi Operativi europei, Nazionali e Regionali, dovranno raggiungere gli obiettivi di spesa fissati dai regolamenti comunitari e legati al meccanismo del disimpegno automatico (N+3). E’ la prima volta per i Piani Operativi del FESR in questo ciclo di programmazione che si procede alla verifica dei target di spesa da raggiungere e si tratta quindi di una scadenza cruciale. Ad essa si aggiunge la verifica sul raggiungimento degli indicatori di risultato che compongono il cosiddetto Performance framework al quale è legato la distribuzione di una riserva di programmazione del 6% (pari quindi a circa 3 miliardi di euro).
Sono norme e scadenze non modificabili da parte dello Stato membro e comportano, in caso di disimpegno, una perdita netta delle risorse assegnate dal bilancio dell’UE al Paese e una conseguente riduzione degli interventi sui territori.

L’attuazione dei Programmi europei presenta ad oggi un ritardo che interessa sia i Programmi operativi nazionali sia quelli regionali e, sebbene in misura differente, tanto le Regioni del Mezzogiorno quanto quelle del Centro Nord.
Dai dati più aggiornati risultano al momento spese certificate (cioè sostenute, controllate e documentate secondo i regolamenti europei) per 4,6 miliardi di euro, circa la metà della spesa complessiva che si deve certificare per evitare il disimpegno. La spesa sostenuta sul territorio è sicuramente più alta e in questi mesi dal mio insediamento è scattata una corsa contro il tempo (come peraltro accaduto similmente in passato in prossimità di queste scadenze) per completare le procedure anche di controllo sulla documentazione necessaria a certificare la spesa.
Al momento dell’inizio del mio mandato, a giugno 2018, gli uffici mi hanno consegnato una stima del rischio di disimpegno compresa in un intervallo tra 800 milioni e 1 miliardo di euro.

La “forchetta” deriva non solo dalla naturale incertezza collegata al carattere di stima di questi dati, ma soprattutto essa è conseguenza delle modalità di calcolo che tengono conto del tasso di cofinanziamento comunitario a livello di Asse, Fondo e Categoria di regione per i PON che interessano più aree; per cui il valore puntuale delle risorse comunitarie assorbite si determina successivamente in base alle spese sostenute e al loro tasso di cofinanziamento.
Oggi la stima del rischio di disimpegno che mi viene fornita dall’Agenzia per la Coesione territoriale è compresa tra 650 e 750 milioni euro. I dati, aggiornati di continuo, mostrano una grande mobilitazione di tutte le Amministrazioni coinvolte, una forte cooperazione istituzionale e quindi un grande recupero.

Questo ritardo di attuazione, comunque grave, non può essere considerato sorprendente. Devo quindi dire con chiarezza che, pur con l’attenuante del periodo elettorale e della lunga crisi nella formazione del nuovo Governo, questo ritardo non è stato affrontato adeguatamente da chi mi ha preceduto.
Analizzare le principali cause di questo ritardo è comunque necessario per cercare di trarne una lezione che ci aiuti anon ripetere certi errori nel nuovo ciclo di programmazione post 2020.
Anzitutto, la tardiva approvazione dei Regolamenti per i Fondi strutturali, intervenuta solo a dicembre 2013, fissando regole, criteri e meccanismi nuovi, ha rappresentato un freno importante.

I ritardi accumulati in sede negoziale europea nell’approvazione dei regolamenti comunitari hanno, a loro volta, prodotto uno slittamento dell’approvazione sia dell’Accordo di partenariato, sia dei Programmi operativi, per la gran parte, inclusi i principali, approvati nel corso del 2015, ragione per la quale il 2014 non può essere considerato come primo anno di effettivo inizio della programmazione corrente.

Una ulteriore causa di ritardo deriva dal protrarsi delle attività di chiusura della programmazione 2007-2013, che ha visto le Autorità di gestione dei programmi fortemente impegnate nel concentrare tutte le proprie risorse verso l’obiettivo della certificazione delle spese sostenute entro il 31 marzo 2017 ai fini del pieno assorbimento delle risorse, con spese complessivamente certificate pari a 46,2 miliardi di euro a fronte di risorse programmate pari a 45,8 miliardi di euro.
Entrambe le cause hanno trovato riscontro anche nella relazione speciale n. 17/2018 della Corte dei Conti Europea.

Particolarmente oneroso si è rivelato anche il processo di adeguamento alle Condizionalità ex ante che rappresentano un’assoluta innovazione che caratterizza la programmazione 2014-2020. E’ stata l’occasione per verificare la disponibilità dei pre-requisiti per l’efficacia della spesa. In diversi ambiti molto rilevanti le condizionalità erano soddisfatte (ad esempio in tema di PMI, prevenzione dei rischi, occupazione e mercato del lavoro, istruzione), ma in altri importanti ambiti (ad esempio banda larga, ricerca, diversi aspetti connessi alla complessa tematica ambientale, inclusione) sono stati attuati 160 piani di azione secondo le previsioni regolamentari, con un carico rilevante per le Amministrazioni nazionali e regionali interessate, impegnate nella redazione dei piani medesimi, lungo un percorso che si è concluso solo nella prima metà del 2017, caratterizzato dal costante confronto con i Servizi della Commissione europea.

Vi è poi il tema della capacità amministrativa delle Amministrazioni titolari dei Programmi. Le azioni di miglioramento realizzate attraverso lo strumento specifico dei Piani di rafforzamento amministrativo, hanno generato un impatto modesto per quanto riguarda il beneficio che ne è stato tratto in termini di efficientamento. Le Amministrazioni impegnate nella politica di coesione devono poter contare su strutture robuste sotto il profilo tecnico-specialistico e organizzativo, capaci di fronteggiare un impegno gravoso.

Uno degli elementi su cui si era puntato nella programmazione, da parte del precedente Governo, era l’attuazione della Strategia Nazionale Banda Ultra Larga, che invece ha fatto registrare un rallentamento della spesa rispetto alle stime iniziali, incidendo negativamente sulle prospettive di conseguimento dei target finanziari.

Attualmente sono state intraprese alcune azioni a carattere trasversale per accompagnare le Amministrazioni nel raggiungimento degli obiettivi di spesa. Fra queste assume una particolare rilevanza la riduzione del cofinanziamento nazionale in alcuni Programmi. L’Italia all’avvio della programmazione attuale, in piena conformità delle disposizioni regolamentari, ha infatti fissato livelli di cofinanziamento nazionale superiori a quelli minimi. Sono state avviate le procedure di modifica dei POR FESR Basilicata, Molise e Sicilia, i due PON del MIUR Ricerca e Scuola (quest’ultimo per la sola parte di Fondo Sociale), Città metropolitane (Metro) e Governance, questi ultimi entrambi a titolarità dell’Agenzia.

La riduzione del cofinanziamento nazionale, che per i citati programmi con procedure già avviate determina una diminuzione della spesa complessiva da certificare al 31/12/2018 di circa 116 milioni di euro, ammonta a circa 930 milioni di euro che saranno riprogrammati attraverso lo strumento dei Programmi complementari, sopra citati, oggetto di approvazione del CIPE.
Tra le Regioni in ritardo va menzionato il caso della Sicilia, dove il ritardo era particolarmente accentuato. Ho insediato una task force Sicilia, a seguito dell’Accordo di Cooperazione rafforzata sottoscritto da Regione Siciliana, Commissione Europea e ACT, con la previsione di una serie di azioni volte a sostenere una piena e tempestiva attuazione del POR per il raggiungimento degli obiettivi ad esso prefissati. Grazie a questa cooperazione la Sicilia sta recuperando rapidamente e al momento ha ridotto moltissimo il proprio rischio.

Una menzione merita la misura nazionale del credito d’imposta: a conclusione di una lunga fase di confronto politico e tecnico, con la Commissione Europea, solo all’inizio del mese di ottobre i servizi della CE hanno ricondotto, in piena conformità dei regolamenti comunitari, nell’ambito dell’applicazione della misura interventi delle PMI del Mezzogiorno anche al di fuori delle aree della Specializzazione intelligente.
La misura fa registrare un volume di investimenti lordi di 4,1 miliardi con credito d’imposta di 1,5 miliardi e importi già fruiti dalle PMI per circa 350 milioni di euro; per la rendicontabilità di quest’ultimo dato sono in corso ulteriori attività da parte dell’ACT, insieme con il MISE e le Autorità di Gestione direttamente interessate.