Nella programmazione 2014-2020 i criteri per la verifica del principio sono mutati e, secondo quanto stabilito dal Regolamento dall’art. 95 del Regolamento 1303/2013, i dati nazionali assunti come base di riferimento per la stima sono quelli riportati nel Documento di Economia e Finanza (DEF), mentre il profilo programmatico regionale è stato costruito mettendo in relazione le informazioni della banca dati Conti Pubblici Territoriali (CPT) e i dati nazionali riportati nel DEF con il relativo profilo programmatico; è stata quindi calcolata la quota media degli investimenti nelle regioni meno sviluppate di fonte CPT sul dato nazionale di fonte DEF e ricostruito il peso di tali investimenti rispetto al PIL nazionale.

Nella verifica ex ante il profilo programmatico del rapporto tra Investimenti fissi lordi e Prodotto Interno Lordo nazionale nelle regioni meno sviluppate è stato fissato dalle Autorità italiane in un valore medio per il periodo 2014-2020 dello 0,4 per cento, impegno programmatico contenuto nell’Accordo di partenariato.
Una prima ipotesi di verifica intermedia per il periodo 2014-2017, calcolata sulla base della stessa metodologia e utilizzando le informazioni aggiornate sia del DEF che della banca dati CPT, conferma il valore medio dello 0,4 per cento e quindi il rispetto del principio di addizionalità. Al tempo stesso, l’osservazione sui livelli degli investimenti pubblici e sull’andamento di tale dato sollecita a una specifica attenzione agli investimenti nelle regioni in ritardo di sviluppo per il periodo successivo al 2017 onde evitarne il rischio di riduzione nel prossimo triennio e il conseguente rischio di inadempimento del principio in termini ex post. Il principio di equità nella spesa ordinaria dello Stato per investimenti

La consapevolezza dell’effetto sostitutivo delle risorse aggiuntive destinate alla politica per la coesione rispetto a quelle delle politiche di carattere ordinario nel Mezzogiorno ha fatto ritenere necessaria la reintroduzione di principi legislativi per il riequilibrio territoriale nella spesa investimento pubblico contenuti nell’art. 7bis della legge n. 18/2017.
La norma dispone che le Amministrazioni Centrali si conformino all’obiettivo di destinare agli interventi nei territori del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna) un volume complessivo annuale di stanziamenti ordinari in conto capitale proporzionale alla popolazione di riferimento.
L’obiettivo è quello di riequilibrare il rapporto tra i due principali canali finanziari che compongono la spesa in conto capitale nel Mezzogiorno: le risorse ordinarie e quelle derivanti dalla politica aggiuntiva, sia comunitaria (Fondi Strutturali e relativo Cofinanziamento nazionale) che nazionale (Fondo di Sviluppo e Coesione).
Le risorse ordinarie verrebbero quindi orientate al rispetto del principio di equità, finalizzato a far sì che il cittadino, a qualunque area del Paese appartenga, possa potenzialmente disporre di un ammontare di risorse equivalente, mentre le risorse della politica aggiuntiva, prevalentemente destinate al Sud, hanno la funzione di garantire la copertura del divario ancora esistente, dando attuazione al co.5 dell’art. 119 della Costituzione.
Nel 2017, nell’ambito del Sistema dei Conti pubblici Territoriali, l’Agenzia per la coesione territoriale ha realizzato un esercizio di simulazione per verificare gli effetti, in termini di spesa pubblica, che si genererebbero nell’ipotesi teorica del pieno raggiungimento dell’obiettivo posto dalla legge n. 18/2017, prescindendo dalle limitazioni introdotte dal decreto attuativo e simulando a ritroso quale sarebbe stato l’impatto della norma nell’ipotesi che tutte le Amministrazioni Centrali si fossero conformate – nel periodo 2000-2015 – alla prescrizione normativa, portando la propria spesa ordinaria complessiva ad un livello pari a quello della popolazione.

Da tale esercizio – effettuato per il periodo 2000-2015 – è risultato che per il Mezzogiorno la quota di risorse ordinarie reali delle Amministrazioni Centrali è stata pari mediamente al 28,9 per cento, con una riduzione a circa il 28,4 per cento nell’ultimo triennio considerato, al di sotto della rispettiva quota di popolazione – pari mediamente al 34,4 per cento. Al contrario, nel Centro-Nord la quota delle spese ordinarie risulta pari al 71,6 per cento, quindi di 6 punti percentuali superiore alla popolazione dell’area, che nel medesimo periodo risulta pari a 65,6 per cento.
Sulla base dell’esercizio effettuato pur con ipotesi prudenziali, laddove tutta la spesa ordinaria delle Amministrazioni Centrali fosse stata sottoposta al rispetto della riserva, l’ammontare complessivo di spesa pubblica oggetto di redistribuzione territoriale sarebbe stato pari a 1,63 miliardi medi annui.
Si segnala, tuttavia, che sia le modalità di verifica del principio, sia la mancanza di un vincolo di cogenza nel raggiungimento dell’obiettivo, rischiano l’inefficacia della norma.