Era bella una volta
la terra di Lucania.
I monti maestosi
reggevan con orgoglio
il cielo immacolato.
Le cime innevate
dormivano baciate
dal chiaror della luna
amica e delle stelle.
In verdi intatte selve
erano incastonate
sacre e pure fonti,
che l’antico poeta
figurò più splendenti
del fulgido cristallo,
ed eternò col canto.
Era ricca una volta
la terra di Lucania.
Di favole e leggende,
di storia e di memorie:
tesori di briganti
e pazzi monachicchi,
assassini feroci
e principi virtuosi;
i buoi lucani e Pirro,
congiure di baroni,
le terre conquistate
col sangue d’innocenti;
contadini soldati,
mandati a morire
in contrade lontane
senza una ragione;
Parmenide ed Elea,
Pitagora e la scuola,
poetesse e scrittori,
pittori e musicisti.
Era aspra una volta
la terra di Lucania.
I villici, ne’ campi
fumanti di malaria,
rivoltavan pazienti
le infeconde zolle,
che il sole feroce
spesso inaridiva
o la pioggia impietosa
mandava alla deriva.
Fuggì allor la gente
dalla terra avara
in cerca di fortuna
in mondi sconosciuti,
ma non scordò la vita,
povera eppur onesta,
del bel tempo antico
ormai quasi scomparso.
È tormentata oggi
la terra di Lucania.
Famelici invasori,
giunti da ogni dove,
le hanno con violenza
le visceri strappate,
febbrilmente cercando,
ingordi, l’oro nero.
Così molti paesi,
per aria un dì sospesi
a formare un magico
presepe, si son ora
mutati in luoghi tetri
percorsi da fantasmi.
Surreale teatro,
così, a cielo aperto,
ove non si recita
a soggetto e si vive
una tragedia folle
e priva di catarsi.