Aliano Monumento ai caduti
Aliano Monumento ai caduti
Aliano, Monumento ai caduti
Aliano, Monumento ai caduti

Parma – Ricorre quest’anno il centenario della conclusione della 1ª guerra mondiale e non mancano dappertutto, com’è giusto che sia, iniziative utili non tanto a celebrare quanto a ricordare. Sarebbe del tutto fuori luogo, infatti, celebrare la tragedia di un evento, che per l’Italia e per l’Europa fu assolutamente disastroso.

A ricordare, ma sopratutto ad aiutare a capire, a distanza di un secolo, possono servire, più che le reboanti parole del Bollettino della Vittoria firmato dal generale Armando Diaz, quelle meditate e sofferte di Benedetto Croce: “Perché far festa? La nostra Italia esce da questa guerra come da una grave e mortale malattia, con piaghe aperte, con debolezze pericolose nella sua carne …”.

Pochi numeri bastano a significare le dimensioni di quell’immane catastrofe: in totale 15 milioni di morti fra militari e civili e 20 milioni di feriti e mutilati; in Italia circa 1.240.000 vittime, fra militari e civili, su 35 milioni e mezzo di abitanti; in Basilicata, che contava all’epoca 485.284 abitanti, 7489 caduti e più di 2000 mutilati e invalidi.

In sostanza, la nostra regione pagò il maggior tributo in termini percentuali fra le regioni italiane. Tra il 1915 e il 1918 furono migliaia i contadini lucani, che si videro costretti di colpo a lasciare la zappa e ad imbracciare il fucile, per combattere in terre ignote una guerra, di cui essi non conoscevano le ragioni.

Ammesso che le guerre possano mai avere una ragione.
Stigliano fu fra i comuni lucani uno dei più colpiti con 131 vittime su circa 7000 abitanti; ad Aliano le vittime furono ben 22 su una popolazione di poco più di 1500 abitanti: un numero, insomma, non irrilevante come in tutti i paesi della montagna materana, che pure erano lontanissimi dal teatro della guerra.

Il nonno di Vito Colangelo, il secondo da sx
Il nonno di Vito Colangelo, il secondo da sx

Non stupisce, perciò, il fatto che Aliano, come altri numerosi comuni italiani già negli anni Venti del secolo scorso, abbia voluto commemorare la prima guerra mondiale, collocando al centro del paese, sulla parete laterale della Chiesa di San Luigi, una lapide con i nomi dei suoi 22 caduti. Nel 1982, poi, nello stesso luogo sarebbe stato eretto un bel monumento, realizzato dallo scultore accetturese Giuliano Romani e dedicato anche alle vittime del secondo conflitto mondiale.

Stigliano, a sua volta, nel 2015, in concomitanza del Centenario dell’entrata in guerra dell’Italia, ha voluto onorare i suoi caduti, cui già nel 1926 era stato eretto un Monumento, e, grazie ad un’ammirevole iniziativa dell’Amministrazione Comunale e dell’Associazione “L’Angolo della Memoria”, si è dato vita a un Museo della Grande Guerra dedicato a padre Giuseppe Diruggiero (Stigliano, 1889 – Perugia, 1978), pluridecorato tenente cappellano e fotoreporter, che ci ha lasciato una personale e significativa testimonianza in una copiosa silloge poetica e in una ricca documentazione fotografica.

In 150 liriche e oltre 350 lastre fotografiche, infatti, il dotto barnabita stiglianese immortalò persone e fatti, scenari di guerra e scene di vita quotidiana, documentando le terribili sofferenze nelle trincee, dove si conviveva con topi e pidocchi, e i furiosi combattimenti corpo a corpo in zone operative piene di fango e di cadaveri.

E’ un giusto e doveroso tributo alla memoria dei caduti e un monito a non dimenticare il disastro di una guerra orribile, che in una famosa lettera ai capi dei Paesi belligeranti Benedetto XV nel 1917 definì “l’inutile strage”. Essa, infatti, non servì certo a creare condizioni di giustizia e di pace, tant’è che a distanza di poco più di venti anni in Europa e nel mondo divampò l’incendio ancora più devastante della seconda guerra mondiale.

E a quest’ultima sono seguite altre guerre, che hanno tormentato vaste aree del pianeta: dal Medio Oriente ai Balcani, dall’Africa all’Asia in una girandola infernale “che mai non resta”. A conferma di quanto sia fallace il motto latino “si vis pacem, para bellum”. La storia degli ultimi decenni e gli eventi terrificanti, che insanguinano oggi la Siria, ci ammoniscono, invece, che la pace si può preparare solo con la pace.