SanVincenzo
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San Vincenzo

Due estati fa, in occasione della presentazione del mio studio sul grande Polittico rinascimentale custodito nella chiesa Madre di Stigliano,concludevo la mia relazione invitando i rappresentanti delle istituzioni, le associazioni culturali e i comuni cittadini a farsi carico di censire, tutelare e valorizzare ogni bene culturale presente nel territorio di Stigliano. I Beni Culturali locali – materiali e immateriali – vanno salvaguardati perché oltre a svolgere un importante ruolo nel processo identitario della comunità offrono un valido supporto alle economie locali e nazionali; sia su piccola scala (per esempio Stigliano) che sull’intera Penisola. Purtroppo, con grande rammarico, constatiamo che sia le istituzioni centrali che quelle periferiche continuano a riservare scarsa attenzione al patrimonio storico-artistico e ambientale. Non investire in questa direzione fa perdere quella linfa che potrebbe far ripartire l’economia del nostro Paese. Alcuni giorni fa ho ricevuto alcune segnalazioni allarmate della presunta demolizione della chiesetta di San Vincenzo, a causa delle precarie condizioni di stabilità dell’edificio, aggravate, in queste ultime settimane, dall’eccessiva caduta di neve del mese scorso. L’ultima volta che ho visitato l’interno dell’edificio è stato diversi anni fa in compagnia di alcuni abitanti del quartiere. Varcata la soglia, uno spettacolo indicibile di degrado e squallore, è apparso ai nostri occhi. Lo stato di abbandono e l’assenza di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’edificio si percepivano immediatamente. Il pavimento era cosparso di polvere, calcinacci e sterco di piccioni. Le pareti, invece, risultavano screpolate e solcate da vistose crepe lungo i muri perimetrali, in particolare nella zona est dell’edificio. Anche il tetto presentava vistose fessurazioni che si saranno ulteriormente ampliate sotto il peso dell’abbondante nevicata di febbraio. A favorire il degrado della settecentesca chiesa di San Vincenzo, in questi ultimi decenni, hanno contribuito più fattori: il progressivo spopolamento del quartiere, la negativa perizia geologica gravante sull’area, la latitanza delle istituzioni religiose e civili. Negli ultimi anni, infatti, gran parte della cittadinanza, il clero locale e le diverse amministrazioni che si sono succedute negli ultimi 15 anni hanno attuato una sottile rimozione della chiesetta, cancellandola dai loro pensieri e dall’agenda politica. Le attenzioni sono
state rivolte principalmente al nuovo (vedi chiesa di Santa Teresa), trascurando gli edifici vetusti (per esempio San Vincenzo).
La piccola chiesa, privata per troppo tempo delle amorevoli cure dei fedeli è andata progressivamente deperendo.
La distrazione politico-religiosa, la scarsa sensibilizzazione sociale e l’assenza di manutenzione hanno contribuito a rendere l’edificio sacro sempre più isolato e distante dalla percezione degli abitanti di Stigliano, rendendolo più vulnerabile all’azione destabilizzante degli agenti atmosferici.
Non conosco lo stato di salute attuale dell’edificio, né chi ne abbia decretato l’abbattimento, ciò che preme sottolineare, ancora una volta, è la scarsa volontà che la comunità esprime verso i suoi pur modesti beni culturali. In questi ultimi cinquant’anni abbiamo assistito al decadimento o allo snaturamento di alcuni importanti palazzi storici con perdita delle cappelle ad essi collegate (Addolorata e San Giuseppe), alla trasformazione del convento di Sant’Antonio (navata interna e piazzale antistante); alla perdita della cuspide del campanile della Chiesa Madre, alla sparizione del pulpito e di altre suppellettili sacre dello stesso edificio
religioso.
Perché continuare a praticare questo ottuso autolesionismo? Perché ostinarsi a cancellare ogni segno che ci collega al passato?
Nel dissentire totalmente da un’eventuale abbattimento della storica chiesetta, INVITO i rappresentanti delle istituzioni, tutte le associazioni culturali presenti sul territorio e i cittadini di Stigliano a scongiurare con forza il possibile abbattimento della chiesa di San Vincenzo e, al contrario, a prendersi cura del piccolo edificio religioso che rappresenta il simbolo del quartiere a cui ha dato il nome.
Questa, forse, è l’ultima occasione per ridare all’edificio sacro quell’attenzione che in questi ultimi decenni gli è stata negata.

Milano, 8 marzo 2012

Mimmo Cecere