Ugo Baldassarre
Ugo Baldassarre

Parma – Ugo Baldassarre, fotografo appulo-lucano trapiantato a Parma, prosegue la luminosa tradizione dei grandi fotografi attratti dal famoso racconto del confino di Carlo Levi e affida a un fotolibro le immagini scattate durante un recente viaggio in alcuni paesi lucani sulle orme dell’autore di “Cristo si è fermato a Eboli”

La lunga e luminosa tradizione di reportage fotografici riguardanti la Basilicata, nata circa settant’anni fa, per fortuna ancora continua. Ebbe inizio pochi anni dopo la pubblicazione del libro “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi, cui va riconosciuto il grande merito di aver acceso i riflettori su un piccolo lembo del Mezzogiorno d’Italia, che da troppo tempo era dimenticato da Dio e dal mondo.

La pubblicazione del memoriale leviano, che ebbe un immediato, clamoroso e universale successo, rese subito attrattiva una piccola regione, che era del tutto ignota, o quanto meno poco conosciuta, per molti motivi, non ultimo quello di avere mutato il nome più volte nel corso dei secoli, ingenerando una certa confusione: anticamente Lucania, era diventata Basilicata al tempo dei Bizantini, per riprendere il nome originario durante il fascismo e tornare ad essere Basilicata dopo la caduta del regime e l’avvento della Repubblica. Noi, sia detto per inciso, da qualche tempo ci siamo presi l’arbitrio di chiamarla Lucania-Basilicata, anche per non rinnegare nulla della sua lunga e complicata storia.

Comunque, va ricordato che in Basilicata, o in Lucania che sia, nei primi anni ’50 giunsero numerosi studiosi italiani e stranieri, sopratutto statunitensi, che fecero di questa terra un fecondo e suggestivo laboratorio di indagini socio-antropologiche. Da De Martino a Edward C. Banfield, da George Therune Peck a Friedrich George Friedman e a Olaf F. Larson, furono in tanti ad avvicendarsi nei paesi lucani, per studiarne la cultura contadina nei suoi multiformi aspetti. Punti di riferimento per quasi tutti loro furono il sociologo Gilberto Marselli, collaboratore di Manlio Rossi-Doria alla Facoltà di Agraria di Portici, e Rocco Mazzarone, valente epidemiologo e illustre meridionalista di Tricarico, che aveva rinunciato a una brillante carriera universitaria al Nord e operava in loco con competenza e amore per il riscatto della sua terra.

In collaborazione con loro, o muovendosi autonomamente, in quegli stessi anni arrivarono nella Lucania-Basilicata molti fotografi di fama internazionale, che con i loro reportage diedero vita a una vasta e varia rappresentazione di fatti, luoghi e persone di straordinario pregio artistico e documentale. Basti ricordare, fra i tanti, Henri Cartier-Bresson, chiamato con altri famosi fotogiornalisti da Adriano Olivetti a far parte del gruppo di studio per la progettazione di nuovi quartieri e insediamenti rurali a Matera. Ma anche Fosco Maraini, e poi Franco Pinna e Arturo Zavattini, che parteciparono alla spedizione etnografica di Ernesto De Martino nel giugno 1952.

Infine Mario Carbone, che nel 1960 accompagnò Carlo Levi nel suo viaggio propedeutico alla realizzazione del maestoso telero “Lucania ’61” per la celebrazione del centenario dell’Unità d’Italia.
Con il nuovo millennio è giunta l’ora dei fotografi che si potrebbero definire di terza generazione, come l’italo-francese Antonio Pagnotta, autore della monumentale opera “La ruota, la croce e la penna”, che ha stupendamente rappresentato i luoghi, gli oggetti e i personaggi del capolavoro leviano, e lo svizzero Peter Strebel, da tempo trasferito in Finlandia, che sei anni fa ha raccolto nel bel volume “Si specchia ancora nel fiume” le sue artistiche immagini su Alianello, la frazione di Aliano divenuta un paese fantasma dopo il terremoto del 1980.

Ultimo ma non ultimo, fra i fotografi dell’ultima leva deve essere annoverato Ugo Baldassarre, un lucano, in cui scorre sangue pugliese, che, dopo aver frequentato il liceo classico a Matera, nella metà degli anni Novanta si è trasferito a Parma per gli studi universitari e nella città ducale tuttora vive e opera. Avendo ereditato dal padre la passione per la fotografia, destinata a diventare compagna inseparabile della sua vita, è da oltre dieci anni fotografo di professione. Ha anche creato un blog molto seguito, che cura con competenza e passione e che considera, come scrive nel suo interessante libro “[ click ] – piccolo viaggio nella fotografia”, «il mio diario, il mio confessore, il raccoglitore dei miei pensieri, delle mie idee, dei miei lavori».

Nell’estate scorsa Ugo, essendo tornato al Sud per trascorrere le vacanze in famiglia, ha pensato bene di mettersi in viaggio sulle orme di Carlo Levi e di fare un lungo periplo attraverso alcuni paesi lucani, armato di due macchine “Olympus” molto amate, una OM-D Em-10 IV e una PEN E-P7. Frutto delizioso del suo girovagare è “Radici nell’argilla”, un interessante libro fotografico, formato rivista, di 72 pagine a colori, pubblicato poco prima di Natale.Osservando e ammirando le numerose foto scattate a Irsina, Stigliano, Aliano, Alianello e Tursi, si ha la sensazione immediata che l’autore abbia voluto catturare, magari attraverso dettagli in apparenza insignificanti, l’anima dei luoghi e delle persone che in un tempo ormai lontano incantarono Carlo Levi, ispirandone le pagine del celeberrimo “Cristo si è fermato a Eboli”.

Attraverso deliziosi scatti fotografici l’autore non solo legge e racconta la vita quotidiana dei paesi lucani, ma fa emergere la rappresentazione di una terra che ammalia per la sua tragica bellezza e nel contempo inquieta per le turpi cicatrici che la segnano e la deturpano. Molte e dolorose, infatti, sono le violenze, che ha subito in passato e continua tuttora a subire. Ne sono emblematica testimonianza nel libro di Baldassarre i ritratti di persone con i volti disfatti da rughe che sanno di fatica, di sofferenza, di pene ereditarie. Ma anche squarci paesaggistici con le patetiche immagini di strade e di piazze desolatamente vuote, dominate da assenze e silenzi inquietanti. O con le immagini strepitose degli stupefacenti calanchi, che con le loro arse argille apparvero agli occhi di Carlo Levi come un paesaggio lunare.

La Lucania-Basilicata, come è facile constatare, è molto mutata rispetto ai tempi del confino di Levi, perché anche qui quasi novant’anni non sono trascorsi invano. Epperò il suo ingresso nella modernità, avvenuto in maniera tumultuosa e caotica, non solo non ha risolto gli antichi problemi che affliggevano la società contadina, ma ne ha prodotto di nuovi e complessi.Continuano, pertanto, a convivere in essa mali endemici, come la disoccupazione e l’emigrazione forzata di massa, che hanno prodotto un impressionante spopolamento e fanno addirittura temere per una desertificazione del territorio, ma anche mali recenti, come la devastazione selvaggia dell’ambiente, procurata da una dissennata attività di estrazioni petrolifere.

Le foto del volume “Radici nell’argilla”, attraverso l’affascinante linguaggio iconografico, lasciano tralucere l’idea di una terra, in cui è forte più che mai il dissonante stridore fra un passato che tenacemente resiste e un futuro che avanza in forma dissennata. Di una terra per molti versi stupenda, che è però ancora vittima di gravi e irrisolte contraddizioni.