Laghi di Monticchio
Laghi di Monticchio

Vulture – Presentata ufficialmente dall’ arch. Pietro Petito l’ associazione di volontari ECOSVILUPPO VULTURE. La Mission che si propone è quella di incidere in maniera determinante sulle amministrazioni locali e sulla Regione Basilicata con attività dal basso, che quindi vedono interessati in primis i cittadini di tutta l’area, mai poi operatori turistici, imprenditori, intellettuali, senza alcuna differenza di colore politico e soprattutto con l’ unico obiettivo di individuare dei percorsi virtuosi per lo sviluppo di un’area, quella del Parco del Vulture, utilizzando le tante conoscenze ormai maturate da anni di vita in questo territorio e concentrandosi sui numerosi elementi che lo identificano e lo rendono unico nel suo genere e che vanno valorizzati una volta per tutti e senza ulteriori tergiversamenti.

Quello di ECOSVILUPPO VULTURE sarà un impegno forte, puntuale, costante e soprattutto fondato sul contributo di persone anche altamente competenti in materia di cura e sviluppo del territorio, che tenteranno il possibile per mettere sindaci e l’ ente massimo regionale difronte alla necessità di non tardare nell’ avviamento di un percorso che porti questo angolo di Paradiso a diventare un attrattore di livello internazionale capace di competere con simili realtà delle regioni del centro e nord dell’ Italia.

L’ area del Parco fin dal ‘900 veniva considerata una Perla del Sud, con un dossier storico tra i più ricchi che si conoscano, dove sono ancora presenti tracce imponenti di un passato glorioso e non solo per quest’ area ma per tutto il Paese.La via Appia Antica che da Roma con un percorso di 800 km arrivava fino a Brindisi e che oggi quasi nessuno identifica più, vede nel territorio del Parco ancora presenti chiari segni della sua passata esistenza ed importanza per gli scambi ed i trasporti verso Oriente; la via Francigena, la via Traiana, sono ancora ben segnate soprattutto nella parte nord dell’ area.

L’ abbazia di San Michele forse tra le costruzioni più imponenti tra quelle religiose edificate in onore del santo che tanti pellegrini sposta da una parte all’ altra dell’Italia nei noti itinerari micaelici, potrebbe essere considerata a ragione la gemma di questi percorsi mistici. La stessa Melfi, già capitale del regno delle due Sicilie in epoca normanna dal 1041, dopo la cacciata dei bizantini, sotto la reggenza di Federico II di Svevia, fu sede circa vent’anni dopo di un Concilio durato ben 22 giorni, che raccolse vescovi e cardinali di tutto il Mezzogiorno e non solo.

Quindi stiamo parlando di un’ area con una ampia gamma di elementi storici, naturalistici, culturali che ha intrigato e non poco anche la cinematografia di tutto il mondo, nonché numerose produzioni giornalistiche ed editoriali. Insomma quello che ora è il Parco del Vulture è solo il risultato di uno scadimento di interesse da parte di una politica poco lungimirante, decisamente incapace di dialogare con i cittadini di quell’area in maniera costruttiva e non prevaricatrice e che ha tenuto fuori anche nella stesura di documenti ufficiali di definizione geografica ed ecologica del territorio i suoi attori principali che sono gli abitanti, gli operatori e gli imprenditori.​

Costoro hanno già dato prova della loro capacità di incidere sulle decisioni governative, impugnando una delibera per lo sfruttamento del monte Crugname, ricadente anch’ esso nell’ area del Parco, a scopo estrattivo, e rimettendo in gioco una partita che sembrava già persa e che avrebbe modificato irreversibilmente l’ ecosistema di quel pezzo di area toccata anche dalla via Appia Antica.

E’ fondamentale quindi che uomini e donne di quest’area si sentano artefici di un cambiamento anche di atteggiamento, che non può più essere di sudditanza da una politica autoreferenziale, incompetente, nonché inefficiente, se è vero com’è vero che addirittura con tre grosse aree Parco in così pochi metri quadrati di superificie, Parco del Pollino, Parco della Val d’ Agri e Parco del Vulture, ben sei riserve naturali ed un altro parco regionale, non ha ancora provveduto, diversamente da altre regioni come la Lombardia e la Toscana, alla definizione di un piano di tutela e protezione del territorio.

Ciò ha prodotto un vero scempio ambientale, come ha detto il tenente della polizia provinciale Giuseppe Di Bello , noto alle cronache per essere stato espulso e poi reintegrato lo scorso anno dall’ arma a causa del suo impegno civile di difesa e denuncia d’ inquinamento riscontrato nelle acque di Monte Cotugno e Pertusillo.Ancora adesso ballano ben diciassette permessi di trivellazione per ricerca di petrolio in altre aree della Basilicata tra cui ci sarebbero alcune ricadenti nel Parco del Vulture.

Ciò a dimostrazione del pericolo che il nostro territorio sta correndo e che ripeterebbe la brutta esperienza della Val d’Agri, dove a fronte di un insufficiente incremento del numero di occupati della zona, c’è stato un depauperamento delle risorse ambientali con chiusura di una miriade di imprese agricole a causa della contaminazione del terreno e dell’ aria di quel posto.Non bastano i ricorsi al Presidente della Repubblica per bloccare i ripetuti tentativi di deflorazione del nostro habitat da parte di società petrolifere sempre più ingorde piuttosto che lo smaltimento di rifiuti pericolosi per la salute pubblica provenienti da altre parti d’ Italia compresi quelli radioattivi.

Il Vulture in generale e l’ area del Parco in particolare si possono ancora considerare una zona vergine dove sarebbe fondamentale per avere un punto di riferimento anche accertato con atto notarile, il classico TEMPO “0”, che poi possa servire per determinare successivamente l’effetto negativo degli interventi sulla qualità dell’ acqua, terreno ed aria del territorio.Quindi mai come ora urge un intervento che distolga dalla volontà di uno sfruttamento selvaggio ed infruttuoso, ma soprattutto nocivo.

A tal riguardo Davide Petito, giovane imprenditore ritornato al Sud dopo aver vissuto in Lombardia, con l’ obiettivo di valorizzare il patrimonio vitivinicolo di famiglia, ma anche di sviluppare esperienze nel settore sportivo ed in particolare calcistico in società professionistiche, ha presentato un possibile progetto di sviluppo multifattoriale definito Basilicata 4.0, perché racchiuderebbe in sé ciò che è il mercato presente e sarà quello futuro, cioè un mix di social e digitale.

Ebbene ha parlato di una piattaforma digitale con aree tematiche così denominate: Enogastronomica con prodotti esclusivamente autoctoni genuini (vino Aglianico, formaggi, acqua minerale, olio); E-commerce per vendere i prodotti anche non sul posto e quindi su mercati molto più vasti; Ospitalità (strutture recettive, alberghi, masserie, B&B); Eventi culturali ed enogastronomici con prenotazioni online; Pacchetti turistici con le eccellenze dell’area del Parco; Newsletter e contatti per informare e far conoscere le cose buone e tutto quello che si muove nel territorio.

Per realizzare ciò c’è bisogno di profili altamente qualificati, esperti di informatica, marketing, pubbliche relazioni, vendite, pubblicità, impegnati nella costruzione di un Brand identificativo ed unico dove dovrebbero convergere tutti coloro che operando nel territorio trarrebbero da ciò maggiore visibilità ed opportunità di business superiori a quelle attuali.In ordine alla questione del Brand il prof. Antonio Romano, sociologo ed economista, ha chiarito che esistendo vari modelli di sviluppo di un Brand, è fondamentale il ricorso a veri e propri specialisti in sviluppo territoriale e marketing al fine di creare un business solido e duraturo.

A tal riguardo egli ha sottolineato che ipotizzando cinque linee di turismo almeno (scolastico, religioso, edonistico, naturalistico, della terza età quindi salutistico), il ritorno economico a fronte di un investimento iniziale di nove milioni di euro, una somma risibile in relazione ai tanti soldi pubblici spesi senza alcun tipo di risultato, sarebbe in soli sette anni di attività, partendo dal 2023, di almeno 30 milioni di Euro con ben 850 unità lavorative tra dipendenti interni ed esterni all’ area del Parco.

In un momento peraltro così delicato come quello attuale per il tessuto produttivo lucano, in cui grosse nubi grigie stanno perturbando il mondo industriale, vedi FCA, Indotto e Total, oltre alla pandemia, si tratterebbe di una vera e propria opportunità per imprese, ma soprattutto per i giovani dell’ area non più costretti a scegliere percorsi di crescita personale ed emancipazione che passino attraverso l’università e quindi il trasferimento verso località del Centro e Nord del Paese, vista anche una certà incompletezza nell’ offerta dell’ateneo lucano, almeno per quella poca richiesta di profili specializzati nella sanità e nei settori finanziari ed economici della nostra regione.

E’ fondamentale secondo il prof. Romano che produttori ed imprenditori del’ area del Parco capiscano che sono loro i veri protagonisti del cambiamento e che per la costruzione di un modello competitivo e vincente è fondamentale che escano da una condizione di apatia e bassa energia che ne ha bloccato la crescita negli anni passati. Un’associazione per quanto forte, determinata, competente, non può che incrociare i desiderata della platea degli attori del territorio e farsi portavoce verso la politica in maniera non disordinata ma scientifica e qualificata.

Il sig. Nicola Passantini, pensionato, ha considerato inconcepibile che ancora oggi tra gli imprenditori olivicoli e vitivinicoli nonché castanicoli del Vulture-Melfese non ci sia stata una vera cooperazione che consentisse di affermare su ampi mercati il prodotto olivicolo, vitivinicolo e castagnicolo, preferendo muoversi in ordine sparso e quindi con risultati nettamente inferiori a quelli che il potenziale qualitativo garantirebbe.

Sulla stessa lunghezza d’ onda è stato l’ intervento del prof. Donato Mazzeo, linguista e giornalista, che ha parlato di neccessità di fare massa critica tra i cittadini del Vulture-Melfese, affinché inducano la Regione a stimolare con una politica di implementazione principalmente di natura economica il territorio per un cambio di passo straordinario dalla stagnazione attuale.

Egli non ha potuto però non annotare che proprio da coloro che sono deputati a rappresentare degnamente il territorio a livello istituzionale, i sindaci dei comuni che insistono nell’ area del Parco, sono arrivate le manifestazione di scarso orgoglio istituzionale, visto che a tutt’oggi, per esempio, non sono stati in grado di esprimersi sulla nomina di un presidente del costituito ente Parco, che quindi è retto ancora da un Commissario, che ovviamente per la molteplicità delle cose da fare, trattandosi di un ex funzionario regionale ora in pensione e che presta il suo servizio a titolo gratuito, non riesce a fare neanche il minimo sindacale, come per esempio il rilascio dei permessi per la raccolta delle castagne durante il periodo autunnale, sicché i fondi diventano oggetto di razzia da parte di viandanti domenicali, veri e propri vandali.

Urge che i cittadini vengano resi edotti su tale situazione di stallo disgustosa e sterile, che non porterà nulla alla soluzione della questione. Essi dovrebbero arrivare anche a manifestare sotto gli uffici della Regione per ottenere ascolto e soprattutto la definizione dell’ assetto governativo del Parco, da cui poi devono partire le azioni sul territorio ed il confronto con cittadini, operatori ed impprenditori. E’ importante anche che il Parco venga allargato a zone che non ricadrebbero al suo interno, vedi venosa, ma che darebbero un grosso contributo al turismo di studio per esempio, ma anche a quello artistico, vista la presenza di reperti archeologici di inestimabile valore.

Urgerebbe, secondo la signora Silvana Colucci, titolare del ristorante Lago Grande a Monticchio, anche una riduzione dei tempi di trasformazione delle domande di ammodernamento strutturale ed abbellimento delle strutture vecchie e non più a norma esistenti nell’ area dei laghi di Monticchio in delibere per la esiguibilità che oggi viaggiano nell’ ordine di anni ed anni, cosa che addirittura non consentirebbe l’accesso ai finanziamenti europei, che è un’ altra grossa pecca dell’ amministrazione regionale, evidenziata a più riprese anche da chi è addentro alle attività del Parlamento Europeo, che ha potuto verificare che la Basilicata si lascia sfuggire finanziamenti che le regioni viciniore, Puglia e Campania soprattutto prendono a piene mani.

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Docente presso Ministero della Pubblica Istruzione, giornalista e collaboratore de: Il Quotidiano della Basilicata e di numerosi siti on-line. Vive a Ginestra.